Fecondazione assistita: decide la donna.

Il caso, deciso con un provvedimento n. 9240/20 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è quello di un embrione in provetta, che è diventato oggetto della contesa tra marito e moglie.

Il concetto esposto nel provvedimento è che, una volta dato il consenso informato alla fecondazione degli embrioni, poi criocongelati, la procedura va avanti per la donna anche se l'ex si oppone. Dunque, una volta prestato il consenso alla fecondazione, la procedura prosegue anche se la coppia si separa e l'ex vuole revocare il consenso dato. A prevalere infatti dopo la fecondazione è il diritto alla vita dell'embrione.

Vediamo le ragioni per le quali il Tribunale ha preso questa decisione.

Il FATTO

Una coppia di coniugi decide di comune accordo di sottoporsi a un ciclo di (PMA) procreazione medicalmente assistita, interrotta però dopo la fecondazione dell'ovocita per problemi di salute della donna, con conseguente crioconservazione di quattro embrioni.

La coppia, nel frattempo, si separa e il marito si rifiuta di dare il consenso allo scongelamento degli embrioni e al successivo impianto. La donna però avvia un procedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., per chiedere al centro presso cui sono stati trasportati gli embrioni, di procedere all'impianto degli embrioni in utero in via d’urgenza, avendo la stessa raggiunto l'età di 43 anni, con serio pericolo di riduzione delle probabilità di successo.

Il marito contesta la richiesta perché non esistendo più la coppia sarebbero venuti meno i presupposti della procedura, lo stesso inoltre nutre dubbi sulla serietà del consenso prestato dalla donna (che inizialmente si opponeva alla PMA per motivi religiose e di disagio) e sulla costituzionalità della norma che regolamenta questo aspetto, nella parte in cui non consente di revocare il consenso dopo la fecondazione dell'ovulo.

La DECISIONE

Il giudice accoglie le istanze della donna e ordina al centro "di procedere all'inserimento in utero degli embrioni crioconservati e in custodia sulla persona della ricorrente."

Contro la decisione ricorre il marito contestando la legittimità del procedimento 700 c.p.c e lamentando:

  • la mancata prestazione del proprio consenso in ogni fase della PMA, come previsto dall'art. 6 della legge n. 40/2004;
  • la lesione del diritto del nascituro ad avere due genitori per l'assenza dei presupposti soggettivi richiesti dall'art. 5 della legge n. 40/2004;
  • l’incostituzionalità dell'art. 6 comma 3 della legge n. 40/2004 ritenendo non corretta l'affermazione secondo cui: "la revoca del consenso, in un momento successivo alla fecondazione dell'ovulo, non apparirebbe compatibile con la tutela costituzionale degli embrioni, più volte affermata dalla Consulta" in quanto la non revocabilità del consenso risulta incompatibile con la "libertà e volontarietà dell'atto che consente di diventare genitori e di formare una famiglia”.

Per il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il reclamo dell'uomo è infondato.

In primis si precisa che la legge n. 40/2004 all'art. 6 sancisce espressamente "l'irrevocabilità del consenso successivamente alla fecondazione e l'art. 8 attribuisce alla volontà manifestata, irrevocabile con la fecondazione, funzione determinativa della maternità, della paternità e dello status di figlio, escludendo la rilevanza di comportamenti e di eventi successivi alla fecondazione dell'ovulo: la libertà di procreare si è esercitata e si è esaurita con la fecondazione, ammettendo la legge la libertà di ripensamento solo fino alla fecondazione medesima." Dopo la fecondazione infatti "il diritto alla vita dell'embrione (...) potrà essere sacrificato solo a fronte del rischio di lesione di diritti di pari rango ritenuti

prevalenti perché facenti capo, per esempio, a soggetti già viventi - per lo più a tutela della salute della donna."

Sul diritto del nascituro ad avere due genitori il Tribunale evidenzia invece come in realtà la separazione non determini la lesione di tale diritto, infatti "Il minore nato da genitori separati avrà diritto di godere di entrambe le figure genitoriali e sia il padre che la madre assumeranno i diritti e gli obblighi connessi alla genitorialità.

Infondata infine è anche l'ultima questione sollevata dal marito, in quanto la discrasia tra il primo e il terzo comma dell'art. 6 della legge n. 40/2004, che sancisce l'irrevocabilità del consenso successivamente alla fecondazione, è solo apparente. Il Tribunale evidenzia inoltre come il ricorrente abbia dato il proprio consenso, dopo avere ricevuto tutte le informazioni previste dalla legge, che è diventato irrevocabile con la fecondazione e che quindi è valido anche per la struttura che deve proseguire l'iter attivato, con la quale le parti hanno instaurato un rapporto contrattuale.

 

In definitiva il consenso dato per la fecondazione degli embrioni non è necessario anche per il loro scongelamento, se sono stati assolti gli obblighi informativi previsti.

 

 

Fonte

https://news.studiocataldi.it/articoli

 

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